Scuola: cosa vuol dire insegnare

La scuola è un luogo che molti ricordano solo negli incubi. Ma senza non andiamo avanti

Siamo troppo pessimisti e la paura torna a dettare l’agenda politica internazionale e nazionale. “Si fa così o si muore,” è il tormentone. Una minaccia che ricorda gli anni più bui e l’atteggiamento idiota e autoritario dei peggiori insegnanti della nostra vita. Se la scuola fosse diversa la nostra vita sarebbe migliore?

Alla domanda non è facile dare una risposta perché la scuola italiana è inquinata dall’idea che la selezione e non la cura dei ragazzi sia il principio a cui ispirare la propria azione. Bocciare dieci ragazzi su venticinque non è visto come una vergogna ma come una prassi normale e meritocratica “per lavorare meglio”. Come si fa a non ridere di fronte a una simile castroneria? Se la vostra tintoria vi restituisse sei camicie su dieci perché nessuno in negozio aveva voglia di stirare le altre quattro cosa vi fermerebbe da un’azione legale per far chiudere l’esercizio?

Cos’è la scuola e quali sono i principi a cui dovrebbe ispirarsi?

L’esperienza di un insegnante dovrebbe ispirarsi a due principi fondamentali:

1) Una classe è un gruppo di persone che stanno insieme per conoscere se stessi.

2) La scuola per un insegnante è conoscere se stesso attraverso i propri studenti.

Al di là dello studio della grammatica e del rispetto delle regole in una scuola di questo genere si respirerebbe l’emozione e l’entusiasmo per un rapporto che nasce e cresce. Quando la scuola diventa un luogo di incontro, ricerca e comunicazione si mettono in moto una serie di processi emotivi e cognitivi in grado di fare crescere le persone.

Ogni classe ha un’anima fatta da un rapporto unico di ricerca e azione in cui ognuno aiuta gli altri a crescere. Questo sentire è l’essenza del pensiero democratico, l’unica affermazione di libertà in grado di rappresentare il rispetto per la dignità umana e le sue potenzialità. Una scuola diversa è solo un esercizio di dittatura e alienazione. Gli insegnanti appaiono troppo spesso tristi, trasandati e hanno lo sguardo spento perché perdono l’occasione di ispirarsi alla poesia dei giovani per imparare da ognuno di loro.