L’importanza della musica: intervista a Mattia Cigalini
Il sassofonista racconta al Mediario quanto sia importante la musica per ritrovare se stessi
Mattia Cigalini è uno fra i più importanti sassofonisti jazz del mondo. Esordisce nel 2009 appena maggiorenne con Arriving Soon, un classico hard bop che evoca ambienti metropolitani newyorchesi in cui ha suonato accanto ai Soul 4: Tullio di Piscopo, Fabrizio Bosso, Andrea Pozza e Riccardo Fioravanti.
Nel 2011 volta pagina lanciandosi in un progetto aperto alla contemporaneità di matrice europea, Res Nova, e di recente con Beyond ha cambiato nuovamente direzione rivisitando i successi di pop star quali Lady Gaga, Rihanna, Shakira, Jennifer Lopez. Oggi è alle prese con i 24 Capricci di Niccolò Paganini: “Penso di farne un album reinterpretandoli così come sono stati scritti e aggiungendo frasi inventate sul momento. Qualcosa che scaturirà dall’eseguire queste composizioni e sarà completamente lasciato all’improvvisazione.”
In Germania, Giappone e Stati Uniti le sue esibizioni riempiono i teatri ma lui non ha nessuna intenzione di fermarsi: “Il prossimo cd non avrà nulla a che vedere con i precedenti. Quando arriverò a ripetermi la mia curiosità si sarà lasciata sopraffare da qualcosa che non c’entra nulla con la musica.” La vocazione alla ricerca del nuovo e alla contaminazione dei generi è una caratteristica comune ai grandi artisti jazz ed è una chiave di lettura in grado di fornire alcune regole per essere sempre in grado di rinnovarsi ed evitare di finire soffocati dalle ceneri della crisi.
PRIMA REGOLA: DIFFIDARE DI CIÒ CHE SI CONOSCE
“Quali sono le regole da seguire per vivere jazz? Ho studiato al Conservatorio e adoro la musica classica che rappresenta il 99% dei miei ascolti quotidiani. Però quando ho finito gli studi ho scelto di non fare il classico che interpreta lo spartito. Mozart, Bach, Paganini e tutti i musicisti che dobbiamo studiare sono degli improvvisatori straordinari. Franz Liszt, per esempio, improvvisava e grazie a una sua particolare dote mnemonica metteva successivamente nero su bianco quello che era scaturito dalla magia del momento. La sua era un’arte estemporanea. Oggi un musicista classico tende a adorare la cenere e non a preservare il fuoco.”
SECONDA REGOLA: IMPROVVISARE
“Il fuoco è ciò che scaturisce dal momento. Dopo si forma la cenere che di solito a scuola insegnano ad adorare ed evocare, ma non è come vedere la fiamma. La cenere è bellissima però è meglio evolverci e imparare a creare il fuoco. Non intendo sottovalutare l’importanza degli studi e l’unicità dell’esecuzione dei musicisti classici. In ogni caso nei decenni e nei secoli è andata perdendosi una certa concezione che oggi vive prevalentemente nel jazz.”
TERZA REGOLA: NON CI SI IMPROVVISA IMPROVVISATORI
“Dopo avere chiarito perché dobbiamo diffidare delle nostre conoscenze è bene sottolineare l’importanza fondamentale dello studio. Il jazz è estemporaneità ma guai dimenticare che siamo nani sulle spalle dei giganti. Non possiamo creare cose nuove dal nulla. Dobbiamo conoscere sia a livello di ascolto sia a livello di pratica quanta più tradizione possibile. Solo la conoscenza rende liberi e ci dà il potere di improvvisare.”
QUARTA REGOLA: IL JAZZ È MUSICA TOTALE“A me sta stretto sentirmi definire jazzista. Dobbiamo rifiutare le catalogazioni e i pregiudizi. Come insegnava Giorgio Gaslini, il vero musicista deve essere totale. Questo significa non solo avere la possibilità ma sentire la responsabilità di documentarsi su ogni tipo di genere musicale. Dobbiamo analizzare sempre tutto con occhio critico, curioso e aperto. Alla fine sapremo concepire la musica semplicemente come un linguaggio universale multiforme. Una cosa impegnativa da fare in Italia dove si fa poca musica e a scuola non la si considera nemmeno una materia alla pari della scrittura e del fare di conto. Eppure c’è un nesso talmente evidente tra il senso dell’arte, della musica e della nostra vita.”
QUINTA REGOLA: ESSERE CURIOSI E SAPERE ASCOLTARE
“Amo la musica etnica e un mio amico, sassofonista per diletto, mi ha fatto ascoltare dei dischi macedoni. Un jazzista può riconoscere degli elementi estetici da fare propri nell’improvvisazione se ha un senso in ciò che vuole esprimere. In questo tipo di ascolto, per esempio, ho apprezzato la complessità dei ritmi in 11/4, 13/8 e 15/8 che non appartengono ai nostri standard. Si può prendere un brano in 4/4 come Autumn Leaves e suonarlo in 9/8, 11/8, in ogni tonalità e stile, perfino barocco. I musicisti zingari hanno un sistema di acciaccature molto complesso e usano dei doppi staccati con estrema precisione. Ascoltandoli capisci quante cose si possono imparare e riutilizzare sul palco filtrandole con il proprio gusto.”
SESTA REGOLA: CERCARE LA PROPRIA IDENTITÀ
“Ognuno deve avere la libertà di studiare, suonare e praticare musica slegato da regole puramente produttive, con le quali deve venire a patti ma senza sottomettersi. La crisi della musica nasce proprio da questa totale e insensata subordinazione. Non ci guadagna l’arte, ma nemmeno il mercato. In più si perde di vista il vero significato della musica che è la ricerca di se stessi nel nostro continuo divenire. Esattamente come nella vita dobbiamo imparare a trasformarci e crescere raffinando il gusto attraverso la conoscenza. Alla base di tutto c’è l’identità. Bisogna creare musicisti e uomini con nome e cognome, data e luogo di nascita. In Italia, nonostante l’indifferenza dei media, ci sono dei musicisti straordinari. Proprio in questi mesi ho la fortuna di condividere un quartetto con Giovanni Guidi, Joe Rehmer e Fabrizio Sferra. Una formazione tipica, piano, basso, batteria e sax alto che produce la musica meno tradizionale. Jazz totale.”
SETTIMA REGOLA: NEW YORK NON È LA MECCA
“All’estero ho avuto un’ottima accoglienza e i media sono generalmente più informati. Per questo molti musicisti italiani trovano fuori dai nostri confini il meritato riconoscimento. Attenzione però all’esterofilia. A New York mi è capitato di assistere a una jam session di un gruppo di allievi che si alternavano su uno stesso brano. Chiudevo gli occhi e mi sembrava di ascoltare un unico sassofonista. Diverse istituzioni scolastiche come la Berkeley jazz school o la Manhattan jazz school of music creano schiere di musicisti pazzeschi da un punto di vista tecnico ma fatti con lo stampino. Commettono lo stesso errore che i nostri Conservatori fanno con la musica classica. A New York ho vissuto una bella esperienza anche se credo che non sia la mecca del jazz. La mecca è ovunque e anche se New York è un riferimento per un tipo di jazz nato e cresciuto tra gli anni ’60 e ’80, chi sposa la causa del jazz totale deve cercare altrove. Il jazz oggi è patrimonio di tutti.”
OTTAVA REGOLA: LOOK CANGIANTE
“Per venire ad aspetti apparentemente più futili, cerchiamo di dimenticare l’immagine del jazzista dal look trasandato e il maglione bucato. Un musicista che sa continuamente mettersi in gioco ha un look cangiante e qualunque sua scelta estetica entra in relazione e si rafforza con la musica.”
NONA REGOLA: IL RITO DEL SIGARO TOSCANO
“Più dei vizi possono le passioni. Io ne ho una per il rituale del sigaro e non lo fumo solo perché mi piace. Sicuramente smetterò anche se il sapore, il gusto e le sensazioni che sa regalarmi sono molto jazz.”
DECIMA REGOLA: ANOLINI, BRODO E VINO ROSSO
“Mi si è presentata l’occasione di vivere a New York ma io sono cresciuto nella campagna del piacentino e adoro gli anolini di stracotto. Sono uno dei piatti più complicati da preparare se si vuole rispettarne la tradizione. È un formato di pasta con un ripieno di carne e la cosa più impegnativa è la preparazione lunghissima del brodo: tre giorni. È di una bontà totale ed è facile intuire l’analogia con la musica e le regole di una vita in stile jazz: studio, passione, pratica e precisione. C’è chi gusta questo piatto così com’è e chi invece improvvisa e lo cosparge di parmigiano. Una volta finiti gli anolini, sul brodo che rimane i veri piacentini ci versano sopra del vino rosso. A New York non hanno un piatto così profondamente jazz.”
METTERE IN PRATICA LE REGOLE: IL PROGETTO PAGANINI
“Dopo le regole del jazz totale vorrei condividere un paio di progetti. Sono incappato nelle pagine di musica scritte da una vera eccellenza della cultura italiana: Niccolò Paganini. Interpretare le sue note catapulta a una velocità sfrenata e in modo irreversibile nel trascendentale più profondo. I capricci di Paganini non sono solo il virtuosismo al limite dell’umano. C’è un’architettonica perfezione in ogni melodia, in ogni cadenza armonica. Suonare i 24 Capricci avvicina alla bellezza della voce umana e dei suoni della natura. Il violino era il suo strumento e la sfida è portare quel fuoco nel sassofono. Un’impresa che mi costringe a studiare tecniche di suono sul mio strumento che mai avrei sospettato di affrontare. In più volevo fare anche un esperimento insieme a altri musicisti. Penso a una violinista classica come Aurora Bisanti e al re del blues italiano, Fabio Treves, il Puma di Lambrate. Classica, jazz e blues sul primo Capriccio di Paganini: musica totale.”